Sei una buona forchetta ma la sola vista dei fornelli ti mette ribrezzo? Ami, invece, cucinare e vorresti condividere il tuo talento con qualcuno? Se ad almeno una delle due domande hai risposto sì, allora la nuova tendenza del Social eating fa proprio al caso tuo.

Di che si tratta? Semplicemente di una nuova frontiera della Sharing economy, questa volta non applicata a stanze o passaggi in auto, ma al gustoso mondo della tavola. Le piattaforme inerenti a questa forma di condivisione sono ormai tantissime in tutta Europa, dall’israeliano Eatwith, passando per il francese VizEat, sino all’italiano Gnammo.

Immediate sono state però le lamentele per concorrenza sleale con i ristoranti e in effetti non esiste una normativa per regolamentare queste nuove proposte. Gli obiettivi sono quelli di trascorrere una serata diversa e di socializzare, ma in certi casi l’iniziativa smette di essere amatoriale per acquisire caratteristiche imprenditoriali, trasformando dunque la propria casa in una ristorante. A inizio estate il Ministero della Sviluppo economico ha difatti dichiarato che per ospitare a casa propria, dietro pagamento di un compenso, servirebbe una preventiva dichiarazione di inizio attività oppure un’autorizzazione rilasciata dal Comune. Ciò che preoccupa, è difatti il mancato rispetto delle normative igienico-sanitarie, edilizie e di sicurezza.

Tuttavia gli utenti di tali community incrementano ogni giorno. Grazie a questo innovativo servizio, il commensale può mangiare fuori casa sicuro di non spendere troppo (anche perché il prezzo si decide in partenza!) e sicuro di star per assaporare un piatto fatto in casa. Ma saranno proprio queste caratteristiche a rendere celebre il Social eating? Sia la qualità del piatto preparato che l’ambiente domestico suggeriscono tutt’altro: le persone sono oramai più portate a condividere esperienze e conoscere persone nuove, alla ricerca di alternative più autentiche e meno commerciali.