Il Professore Giorgio Pennazzato, già consigliere della FISAR, la federazione italiana sommelier albergatori e ristoratori, è un personaggio poliedrico e che restituisce quel di cui ha fatto tesoro nel corso della vita in modo altrettanto versatile. Professor Pennazzato, di cosa si occupa e cosa insegna?

Svolgo attività di docenza presso il consorzio universitario CINEAS- Politecnico di Milano in alcuni Master dedicati al Risk Management e ai cosiddetti Engineering Risk: punte d’avanguardia nel comparto assicurativo per la copertura di beni contro “tutti i rischi”, dall’errore umano ai danni di forza maggiore, dai difetti di progettazione e calcolo ai collaudi. E poi sono Formatore in Assinform, svolgo corsi di aggiornamento a Compagnie e Intermediari assicurativi. Insomma mi occupo dei danni di Business Interruption: quei danni che emergono quando l’attività produttiva si ferma a causa di un sinistro.

Lei ha una formazione tecnica, è un ingegnere, ma cosa c’entra con il vino, su cui si è specializzato?

Le attività che Le ho descritto occupano la parte razionale di me stesso. Se mi occupassi però solo di tecnica ingegneristica sarei un “tutta testa”, senza corpo e senza cuore. Per equilibrare la mia vita ho sentito il bisogno di dar spazio alle emozioni e alle esperienze sensitive. Così ho scoperto il mondo misterioso e affascinante del vino. 

Quando e in che modo se n’è innamorato?

Nel 2002 mi è stato regalato un corso per aspirante Sommelier, che ho frequentato per curiosità e quasi per gioco. E sono rimasto soggiogato dalla scoperta degli aromi e dei profumi del vino, dagli abbinamenti ideali tra cibo e vino, dal capire quando un vino è “buono”.

Un mondo ricco di stimoli e di possibilità. Perché il valore economico del vino è cresciuto, solo in Italia, del 45% negli ultimi dieci anni?

Il vino è stato promosso uscendo dalle osterie fumose e vocianti per passare alle enoteche-opere d’arte, è cambiato da bevanda-supporto del lavoro dei campi ad espressione pregiata di un territorio, da prodotto grossolano, spesso acido e acetico, a vino di alta qualità per palati esigenti. Il consumatore ha superato la classica “bevuta” del bicchiere di vino ed è transitato verso la degustazione del vino. Ciò ha consentito un’adeguata remunerazione alle aziende vitivinicole e quindi il recupero di tanti vigneti lasciati in abbandono, la ripopolazione delle campagne dimenticate per il mito della città.

Torniamo per un momento al suo ruolo di esperto nella gestione del rischio aziendale. In qualità di risk manager, quali sono gli ambiti d’impresa dove ce n’è più bisogno, il vino è uno di quelli?

Ritengo che i settori più “bisognosi” del Risk Management sono costituiti proprio dalle aziende che sinora hanno trascurato, per un ingenuo ottimismo, l’analisi dei rischi, la loro valutazione, i conseguenti interventi per ridurli. E il mondo enogastronomico è uno di questi! Basti ripensare alle foto dei magazzini di stagionatura del Parmigiano Reggiano, sconvolti dal terremoto, o i silos di Brunello di Montalcino depredate da atti vandalici oppure le cantine del Sannio immerse nel fango. La filiera del vino è soggetta a molteplici rischi legati alla vendemmia e alla spremitura dei grappoli, alla fermentazione  alcolica e all’imbottigliamento, alla maturazione in barricaia, alla vendita “en primeur”, alla spumantizzazione, al trasporto, e non dimentichiamo gli errori possibili da parte dell’enologo che indulge su alcuni additivi chimici, o che sbaglia la cuvèe perché colpito da anosmia…(la totale o parziale perdita delle capacità olfattive, n.d.R.)

Il mondo del vino non è per soli esperti ma anche per appassionati che possono diventarlo. Lei ne è un esempio. Può fare qualche proiezione sulle professioni in formazione in ambito enologico e spiegarci se il comparto continuerà ad essere uno dei motori di crescita del PIL del nostro paese?

Il mondo del vino è sempre più aperto agli appassionati del vino, a tutte le persone che vogliono apprezzare, interpretare e gustare il vino come un’opera d’arte. Grazie ai corsi per Degustatori e Sommelier è possibile impadronirsi delle chiavi di lettura di questo bene misterioso. Il settore enogastronomico richiede l’opera di simili personaggi perché è consapevole che anche il migliore vino resterebbe nel dimenticatoio se non fosse presentato adeguatamente dall’esperto, se non fosse valorizzato dal “critico enoico”. I ristoranti vanno alla loro ricerca per elaborare liste di vini da abbinare ai menù, addirittura alcuni presentano piatti studiati specificamente per un tipo di vino. Fino a qualche anno fa il mercato del vino era rivolto in prevalenza al  consumatore italiano, ma poi, “grazie” anche alla crisi economica, la commercializzazione si è spostata all’estero e ha conquistato sempre più terreno: è ben noto che il Prosecco ha superato lo Champagne coi suoi 8,5 milioni di ettolitri contro i 6,2 dei nostri cugini d’Oltralpe. Il settore del vino rappresenta una risorsa vitale dell’economia italiana, tanto più importante quanto più si affermano vini espressione unica del territorio italiano, simbolo di qualità.

Quale attenzione viene dal mondo politico e dal legislatore al mondo del vino?

Da un lato c’è un palese interesse “mercantile” verso il vino, perché risorsa economica e bacino di voti – laddove la politica agevola chi produce e commercializza il vino n.d.R. –  dall’altro esso viene trattato come il responsabile di tanti incidenti. Non a caso si è formata solo da qualche mese la Consulta Nazionale del Vino Italiano(CoNVI), composta dalle maggiori associazioni di settore, per essere l’interlocutore del legislatore che sinora, nel legiferare in materia di vino, ha convocato solo l’Unione Consumatori e l’associazione Vittime della strada.

Nel nostro paese c’è una produzione e una ricchezza enoica di ottima qualità. Gli italiani hanno consapevolezza di questo patrimonio?

In Italia la vite è sempre stata considerata un simbolo tipico e vitale. Mentre nel nord Europa si è affermata come bibita alcolica la birra per l’abbondanza di cereali, l’Italia ha primeggiato nella produzione di vino perché gode delle giuste condizioni climatiche per produrre vini di qualità. Inoltre, a differenza di altre zone, pur ottime nella produzione, la nostra terra ha una molteplicità di vitigni, tutti diversi, tutti di nicchia, tutti con caratteri peculiari in sintonia col territorio. Gli italiani conoscono tale “tesoro” perché ne sentono parlare dai media, perché lo vedono negli scaffali della grande distribuzione, perché lo trovano in tante manifestazioni.

Come si fa a mettere in contatto le persone direttamente con il vino, con la sua storia?

Da pochi giorni è partita un’iniziativa nelle scuole superiori del bresciano, di cui faccio parte. Nei prossimi giorni terrò anche io una lezione per illustrare il vino come espressione della Cultura Italiana, come attore della Storia italiana, come un bene da apprezzare e interpretare secondo il principio del “bere consapevole”.

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