Si fa presto a dire “Made in Italy”. In realtà, l’agroalimentare commercializzato in Italia sembra essere in buona parte tutto fuorchè tricolore, visto e considerato che secondo quanto emerge da un recente dossier presentato dalla Coldiretti, conterrebbe materie prime straniere il 33% della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia e – elemento ancor più grave – esportati all’estero con il marchio Made in Italy, all’insaputa dei consumatori e a danno delle aziende agricole italiane che realizzano l’intera produzione con materie prime locali.

In tal proposito, Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, ha avuto modo di sottolineare come il “finto” Made in Italy riguarderebbe con ancora maggiore incisività dei prodotti ad elevato valore aggiunto e di apprezzamento, come ad esempio i prosciutti: 2 su 3 tra quelli che vengono venduti come italiani provengono invece da maiali allevati all’estero, mentre un terzo della pasta è ottenuta da grano non coltivato in Italia.

Naturalmente, è ben facile cercare di comprendere quale sia la motivazione alla base della ricerca degli ingredienti stranieri, spesso disponibili a minor costo ma, purtroppo, anche a minore qualità. Un trend che sta minando la sostenibilità dell’agricoltura italiana, un tempo in grado di presentarsi in Europa e al mondo con ben rinnovate forze, e che oggi sta subendo l’incisività negativa dell’Italian Sounding in modo più che evidente. E un trend, aggiungiamo ulteriormente, che sta altresì minando la credibilità della sicurezza alimentare italiana, tra le più rigorose e certificabili al mondo grazie a positivi record in termini di residui chimici, regole produttive e altro ancora.

Il nostro auspicio non può che essere quello di una maggiore proattività europea nei confronti della contraffazione del Made in Italy e dei brand di provenienza geografica: il tutto, a tutela dei consumatori, che hanno il diritto di conoscere in modo chiaro e trasparente da dove provengono le materie prime e dove sono state effettuate le attività di lavorazione, e a tutela delle aziende italiane, le cui opportunità di business internazionale vengono falcidiate dalla concorrenza sleale…