Non è un caso che molti giornalisti, anche di esperienza, siano disoccupati, sottopagati o semplicemente precari. La causa di queste disgrazie risiede in un fatto banale: il giornalismo professionale sta vivendo una tragedia tale da mettere in pericolo la sua stessa esistenza. Non è un’affermazione eccessiva. Peggio ancora, non è un’affermazione che riguarda solo la carta stampata.

Chi pensa che le cose non stiano andando così male perché, semplicemente, alla carta si sostituirà il web, si sbaglia. Il giornalismo professionale potrebbe non sopravvivere al passaggio dalla cellulosa ai bit.

Il motivo sta nella rottura di un modello. Le regole e le dinamiche che hanno retto il giornalismo professionale per tre secoli, o forse di più, sono andate in fumo in pochi anni, all’avvento del web 2.0. La morte, sia chiaro, non è giunta, ma chiari segnali suggeriscono che, presto o tardi, arriverà. E la colpa è sempre quella: il modello che ha funzionato per così tanto tempo, non funziona più. I suoi fondamenti sono ormai obsoleti.

I lettori pagano per leggere le notizie. E’ sempre stato così. Se volevi informarti, dovevi leggere un giornale, e quindi te lo dovevi comprare. Non c’era via di scampo. Ora anche chi non compra il giornale, si può informare. E non solo guardando la televisione (che ha comunque gli stessi problemi). E’ sufficiente andare in internet, ed ecco che si apre un mondo di news.

Gli inserzionisti pagano per gli spazi pubblicitari. E’ stato così e sempre sarà così. Peccato che il denaro si sia spostato dai giornali al web. E’ chiaro: se le persone non acquistano più giornali, perché mai gli inserzionisti dovrebbero impiegare lì le loro risorse? Siamo di fronte a un circolo vizioso, e con il tempo la situazione non farà che peggiorare.

Lo Stato finanzia i giornali. E’ così ancora oggi, sebbene in misura minore rispetto al passato. La tendenza è però a un progressivo taglio dei finanziamenti. La responsabilità è in questo caso del web solo in modo indiretto. Il web è infatti il ricettacolo di idee basate proprio sull’abolizione del finanziamento pubblico. Per il resto, è la nuova fase della politica ad avere le mani sporche di sangue.

Come possono reagire i giornali alla rottura di questo modell0? L’unica possibilità è andare sul web. Il problema è che rischiano di perdere la loro natura professionista, dal momento che sono costrette ad approcciarsi a dinamiche tipiche di un altro tipo di informazione. Un rimedio contro gli effetti collaterali della presenza online (su tutti il click-baiting) non è stato ancora trovato.