I robot sostituiranno l’uomo. Questa frase riassume un topos ben noto alla narrativa, sia letteraria che cinematografica. La paura che le macchine possano, un giorno, dominare sull’umanità ha sollecitato la curiosità di artisti, sceneggiatori e scrittori. La fascinazione, però, si è declinata anche a un livello più pratico. Almeno ciò è quanto accaduto di recente per una disciplina raramente fatta oggetto di fantascienza: il giornalismo.

Eh sì, i robot hanno invaso il mondo del giornalismo. Ci mancavano solo loro, qualcuno potrebbe dire: tra modelli di business in crisi, e testate cannibalizzate dai social, il giornalismo non se la passa granché bene.

L’ultima trovata reca la firma di Automated Insight, che ha creato un software in grado di scrivere articoli, proprio come se fosse un umano. Il software in questione si chiama Wordsmith, ed è aperto al pubblico in versione beta. Il suo utilizzo è a prova di analfabeta: si inseriscono i dati, e il gioco è fatto: ecco il testo. Apparentemente indistinguibile da quello che redigerebbe un giornalista in carne e ossa.

Wordsmith Beta funziona? La risposta è sì. Eppure ci sono parecchi “ma”.

Il primo “ma” è in verità l’altra faccia della medaglia di un suo pregio. Il programma, o almeno la tecnologia che sta alla base, è già stata utilizzato in maniera intensiva. L’agenzia di stampa Associated Press ha già “scritto” 3000 articoli in questo modo, e apparentemente nessuno si è accorto di niente. Se però si va ad analizzare la tipologia di articoli, si scopre l’arcano e la portata del cambiamento – in prima battuta rivoluzionario – ne esce ampiamente ridimensionata.

Tutti e 3.000 gli articoli sono report finanziari. Ecco dunque il succo della questione: i software per la creazione automatica di articoli, in primis Wordsmith Beta, sono utili quando c’è da snocciolare dati. Quando occorre analizzare una notizia o semplicemente esporla, renderla comprensibile, cedono il passo. Può una macchina riflettere su un fatto politico? Può una macchina adattare il contenuto a uno o più pubblici? La risposta è no, in entrambi i casi.

E’ un loro limite strutturale e, soprattutto, invalicabile. E’ il limite delle macchine in generale, che possono calcolare ma non possono interpretare (almeno per il momento).

Dunque, il mestiere del giornalismo è salvo? Non è dato saperlo. Sicuramente, non sarà un software a metterlo in crisi. D’altronde, sono molti i nemici che il modello tradizionale, a torto o a ragione, è costretto ad affrontare in questo confuso periodo storico.