Nell’immaginario collettivo, il giornalista è sempre un giornalista d’assalto, un reporter che va alla ricerca di notizie, e che agisce direttamente dai luoghi in cui i fatti avvengono. In verità, il mestiere del giornalista è soprattutto un mestiere da scrivania, che contempla la ricezione delle fonti, la loro rielaborazione e una certa opera di filtraggio-interpretazione. In questa prospettiva, assume un ruolo importantissimo un attore dell’informazione che si muove dietro le quinte, sconosciuto ai non addetti ai lavori: l’ufficio stampa.

La relazione tra il giornalista e l’ufficio stampa è necessaria. Le due figure sono legate da un rapporto di interdipendenza: l’ufficio stampa ha bisogno del giornalista per promuovere il suo cliente, il giornalista ha bisogno dell’ufficio stampa per avere sufficiente materiale con il quale comporre un pezzo. Sullo sfondo, c’è la libertà del giornalista di scrivere ciò che vuole (in un contesto deontologico chiaro) e la legittimità degli interessi dell’ufficio stampa.

La relazione è sana solo se i due attori sono consapevoli dei loro doveri. Il dovere del giornalista è prendere in considerazione le richieste dell’ufficio stampa, non considerarlo come un fastidio e men che meno come una sorta di lacchè. Il dovere dell’ufficio stampa è considerare il giornalista non solo come un passacarte ma come un professionista il cui scopo è informare e non lavorare per un cliente. Insomma, non deve essere ritenuto come un’estensione dell’ufficio stampa stesso.

E’ facile che la relazione si deteriori. Anche perché, a peggiorare la situazione, c’è una percezione reciproca che, di base, non è improntata al riconoscimento. Il giornalista è, giustamente, consapevole del ruolo intellettuale che occupa, e che invece è estraneo all’ufficio stampa. Di contro, l’ufficio stampa spesso taccia di poca concretezza e di una certa tendenza al capriccio il giornalista.

Se il rapporto non funziona, accadono inconvenienti spiacevoli. Per esempio, il giornalista smette di prendere in considerazione comunicati e cartelle stampe, e ciò va a svantaggio della completezza del pezzo, che non gode della quantità di informazioni che solo un insider come un addetto stampa può avere. Dall’altro lato, il professionista da “press office” non interagirà con il giornalista ma si limiterà solo a inoltrare materiale, con il rischio altissimo che questo venga cestinato.

E’ ovvio, quindi, che l’unico modo affinché la relazione sia proficua per tutte e due le figure, il rapporto va non solo gestito ma coltivato, magari fuori dall’ambiente lavorativo. Giornalista e addetto stampa devono legarsi l’uno all’altra, non certo in un rapporto di amicizia, ma sicuramente in uno di stima e collaborazione.