Che il mestiere di giornalista non sia remunerativo come un tempo è un fatto ormai assodato, una realtà con la quale molti giovani devono fare i conti. I motivi delle crescenti difficoltà, soprattutte economiche, che i giornalisti incontrano rappresentano il fulcro di un dibattito che vede come protagonista – o forse sarebbe meglio dire antagonista – internet. La rete, che ha facilitato la vita sotto molti aspetti e ha innescato dinamiche profonde e affascinanti, è secondo alcuni il principale responsabile della crisi che il giornalismo sta attraversando. La schiera di critici si è arricchita di recente con l’ingresso nel dibattito – decisamente a gamba tesa – di Jonathan Franzen, scrittore statunitense di fama mondiale.

Il suo ultimo romanzo, Purity, racconta la storia di una giornalista alle prese con le contraddizioni del nostro tempo, e le difficoltà che incontra nella sfera professionale. A fare scalpore, più che la tematica (non certo inedita) sono state le parole utilizzate dall’autore in occasione della presentazione del suo libro. In breve, Jonathan Franzen si è lanciato in una invettiva piuttosto pesante nei confronti di internet.

Il suo discorso si è incentrato sue due aspetti. Il primo è quello della remunerazione. Secondo lui, i giornalisti trovano difficoltà a farsi pagare a causa delle dinamiche che la rivoluzione digitale ha scatenato.

Uno dei problemi che ho con Internet è che sta rendendo sempre più difficile per i giornalisti essere pagati, in particolare per i freelance. È un cane che si morde la coda: qualcuno fa un enorme lavoro per trovare dei fatti, ma nell’istante in cui li pubblica vengono subito presi, linkati, twittati, copiati, senza che chi li ha scoperti venga adeguatamente compensato da chi li consuma

Il secondo elemento che ha caratterizzato il discorso dello scrittore è l’assoluta incapacità delle nuove figure del web nello svolgere la funzione giornalistica.

Ho seri problemi con chi dice che i giornalisti non ci servono più, perché tanto abbiamo i leakers, i citizens journalist, il crowd sourcing o i blogger. È un cammino che porta a una cittadinanza disinformata, oppressa e uniformata, perché non c’è nessuno che cerca responsabilmente di riportare cosa succede. Solo opinioni personali, spesso opposte e violente, non digerite.

Qual è la soluzione? Nemmeno Jonathan Franzen vede la luce in fondo al tunnel. E’ palese, anche ai suoi occhi, la necessità di inventare un nuovo modello di business che sostenga i professionisti nel settore. Una soluzione temporanea, però, c’è: le fondazioni dovrebbero finanziare i giornali tradizionali, nell’attesa che venga creato il modello di business più adeguato.