La vita di Indro Montanelli è così ricca di avvenimenti, e generosa negli spunti e nelle opportunità di riflessione, da non poter essere contenuta in un solo libro. Giancarlo Mazzuca, giornalista di fama mondiale, ex direttore della Voce (ultimo giornale gestito direttamente dal celebre toscano) ci ha provato con il saggio: Indro Montenelli, uno straniero in patria. Non una biografia, non una elegia: semplicemente una raccolta degli aneddoti, su se stesso, che Montanelli era solito raccontare ai colleghi. Un modo per restituire la cifra di un uomo che fu grande nella professione e affascinante nella vita privata, un maestro e un mentore per molte penne di questo tempo (tra cui spiccano Marco Travaglio e Vittorio Feltri).

Questo il ricordo di Giancarlo Mazzuca, consegnato a Blogo: “Ho voluto raccogliere quegli aneddoti che Montanelli ci regalava in redazione, forse per combattere la banalità della cronaca quotidiana quando diventa routine, o in quelle felici serate in certi ristoranti toscani, dove mangiavamo pappa al pomodoro condita con fantastiche storie. È il mio tardivo omaggio a un uomo indimenticabile che ha, comunque, cambiato le nostre vite”.

Il contributo di Indro Montanelli al giornalismo è stato grande. In un’epoca in cui l’abitudine dell’asservimento al potere era ancora consolidato, e praticato alla luce del sole, è riuscito a importare un modello del tutto diverso, fatto di autonomia dalla finanza e dalla politica, pur in un contesto di finanziamento privato (il Giornale era finanziato dall’Eni). E’ stato il primo, tra i giornalisti dell’era fascista, e distaccarsi dal regime, anche al costo di essere allontanato dagli ambienti che contano, e di compromettere la sua carriera. In un tempo in cui tutti dicevano “sì”, mentendo, lui optava per il “no”, rispettando un preciso e particolare ideale di verità.

Nondimeno, è stato il più capace nell’infondere al giornalismo un tocco umano, frutto di una ricerca spasmodica delle connessioni e dei legami tra i fatti, ma anche di un approccio basato sull’emozione, sul fattore sentimentale. Fu un giornalismo e allo stesso tempo uno storyteller.

Famosa, poi, il concetto secondo il quale l’unico vero padrone di un giornalista deve essere il lettore, e soltanto lui. Non chi lo finanzia, non lo Stato che, attraverso il meccanismo del finanziamento pubblico, lo foraggia. Una convinzione non particolarmente diffusa nel Novecento, quando giornalismo e politica andavano di pari passo, alla luce del solo. Una convinzione non particolarmente diffusa ora, in cui l’informazione, magari spontaneamente, si ritrova spesso prona di fronte al potere, attenta a non disturbare il “manovratore”.