Diventare giornalista in Italia non è poi così difficile. Il problema è intraprendere un percorso professionale tale da regalare non solo soddisfazioni sul piano intellettuale ma anche dal punto di vista economico. In estrema sintesi, vivere di solo giornalismo non è poi così scontato.

Alcuni dubbi, comunque, emergono anche sul piano formativo. Come diventare un giornalista? A questa domanda si può rispondere il molti modi. La scelta più logica sarebbe quella che, in genere, si compie quando si aspira a praticare una qualsiasi professione non manuale: studiare, quindi laurearsi. In giro però ci sono molti giornalisti laureati. Dunque è lecito chiedere se la laurea, in questo caso, serve davvero. Laurea che può essere in lettere, in filosofia, in editoria e giornalismo, in comunicazione.

La laurea non serve perché….

Per dirsi giornalisti, anzi per esserlo anche dal punto di vista formale, la laurea in effetti non è necessaria. L’Italia è uno dei pochi paesi al mondo ad avere l’albo dei giornalisti, al quale si accede percorrendo un percorso professionale specifico. Il famoso “pezzo di carta” non rientra tra i requisiti richiesti. La gavetta, almeno su questo fronte, premia: per diventare pubblicisti, per esempio, è sufficiente una pratica continua e retribuita di due anni.

L’offerta  formativa dei corsi di laurea spesso non è all’altezza. E non stiamo parlando solo di lettere, filosofia, comunicazione e scienze politiche, che in linea teoria preparano ad altro, ma anche della famosa “editoria e giornalismo”. Se è vero che la teoria abbonda, di pratica se ne vede poca: giusto i sei mesi di stage che sono richiesti per laurearsi. Sei mesi che potrebbero benissimo essere fatti anche senza essere iscritti a un corso di laurea.

I corsi di laurea magistrale sono una ripetizione dei corsi di laurea triennale. Questo è un problema comune a molte facoltà e rende la laurea di secondo livello inutile per definizione.

La laurea serve perché…

La tesi è un passaggio fondamentale. Consente allo studente di maturare competenze sulla scrittura, sulla gestione dei contenuti, affina la dialettica. Non esiste altro strumento formativo in grado di offrire ciò che offre la redazione di una tesi.

Il corso di laurea in editoria e giornalismo dà uno sguardo d’insieme sul mestiere, sul mondo che lo circonda, sull’indotto – sia materiale che intellettuale – che fa capo all’universo del giornalismo. La gavetta non dà niente di tutto ciò.

Lo studio accademico consente di acquisire una cultura generale ampia. La conoscenza di altri settori della vita pubblica, la conoscenza di mondi anche non strettamente legati al giornalismo, contribuisce alla creazione di un serbatoio di saperi che torna sempre utile quando di scrive un pezzo, ed è in grado di conferire una personalità e una identità allo stesso.

Insomma, la risposta alla domanda “la laurea serve?” è meno scontata di quanto si possa pensare. Il consiglio è fare tutte e due le cose, contemporaneamente. Dunque iniziare la gavetta mentre ancora si è universitari. E’ un modo, questo, per laurearsi senza rinunciare alla gavetta, che è sempre importante.