Tiene banco il dibattito sul rapporto tra giornalismo professionistico e social network. La rivoluzione digitale ha scardinato le vecchie convenzioni, ha messo pesantemente in crisi il modello di business e ha costretto tutti gli operatori dell’informazioni al cambiamento. In che direzione debba dirigersi tale cambiamento ancora non si sa, anche se nei vari paesi si stanno affermano metodi e approcci diversi. Quello italiano non trova il plauso del caporedattore dell’Ansa, Massimo Sebastiani, che in una recente intervista ha criticato il modo in cui i social network vengono utilizzati dai giornalisti italiani.

La sua tesi è semplice: per i professionisti del Bel Paese i vari Facebook, Twitter etc non sono altro che una discarica di link. Un luogo nel quale dare visibilità ai propri articoli, senza aggiungervi nient’altro. Un metodo che riduce i social network a mera vetrina, e che non rende onore alle loro grandi potenzialità. Secondo l’esponente dell’agenzia stampa più importante d’Italia, l’approccio giusto è di tutt’altra cifra. I social dovrebbero essere sfruttati per creare delle comunità, per conoscere i propri lettori, cucire la notizia in modo che questa risulta a loro il più chiara e fruibile possibile.

Diffuso, e tristemente abusato, è poi la tecnica del click-bait, ossia la pubblicazione di post il cui unico scopo è quello di acchiappare click, anche se, alla fine dei giochi, non offrono notizia di una qualche utilità. E’ il fenomeno cui le bacheche dei grandi giornali online vengono inondate di contenuti sugli ormai celeberrimi gattini, o in pieno stile “strano ma vero”.

Massimo Sebastiani si distingue dalla massa anche per quanto riguarda l’analisi degli ingredienti che decretano il successo di un giornale sul web. A dispetto di quanto suggerisce il senso comune, la quantità non rappresenta un elemento determinante. Meglio puntare sulla qualità e soprattutto sull’autorevolezza. “I gattini ce li hanno tutti e forse anche Belen Rodriguez (posta le foto su Instagram…). Ma spiegare la complessità dei alcuni fenomeni, dalla nascita del califfato al panico nelle borse asiatiche, e farlo con autorevolezza, contributi e opinioni interessanti, corredi multimediali, un inviato sul posto, non è per tutti”.

Dunque, quali sono le competenze che un giornalista online, rispetto a uno offline, deve possedere? Anche in questo caso, il caporedattore dell’Ansa ha le idee molto chiare: “Tempestività, ricchezza multimediale, uso corretto e intelligente dei social, dialogo con i lettori, attenzione alla SEO: sembra ovvio e facile, ma è chiaro che non lo è. E poi girare tanto sul web e capire come si muovo gli altri. Copiare è scorretto, citare no”.