Merendine, sneak, hamburger fanno male, noi in Italia lo sappiamo. Stanno cominciando a capirlo anche negli Stati Uniti, che può essere considerata la patria del cibo spazzatura. Non che non avessero avuto a disposizione fino a questo momento gli elementi necessari per maturare una certa consapevolezza in merito.

Un esempio su tutti, la piaga dell’obesità. E proprio per sconfiggere questo dramma che Michelle Obama, donna più potente d’America, ha inaugurato la campagna di sensibilizzazione “Let’s Move“, che intende instillare sane abitudini nei bambini, che rischiano – se le cose andranno come sono sempre andate – di essere gli obesi di domani.

Una battaglia, quella della first lady, condivisa pienamente da Richard McCarthy, direttore esecutivo di Slow Food Usa, intervistato di recente dal quotidiano il Giorno. Un occasione per parlare dello stato delle abitudini alimentari in Occidente e lanciare qualche anatema a chi diffonde le cattive abitudini. Il riferimento è alle multinazionali del cibo spazzatura, non a caso le uniche che si stanno opponendo con forza alla campagna di Michelle Obama.

Il rappresentante di Carlo Petrini negli Stati Uniti ha le idee molto chiare, e usa parole forti per esprimerle: “Il traguardo più importante è liberarci dalla tirannia del cibo economico. Le esternalità nascoste stanno iniziando a manifestarsi in malattie croniche, sussidi all’agricoltura, effetti sull’ambiente e il furto del benessere rurale.” Non è solo una questione di salute dell’uomo, ma anche di salute del pianeta.

Richard McCarthy comunque individua spazi importanti per un certo rinnovamento, anche perché sono gli Stati Uniti stessi a fare i passi in avanti più concreti. “Gli americani stanno imparando i meccanismi di produzione del cibo, distribuzione, promozione e consumo, attraverso una rivoluzione quotidiana: orti scolastici, mercati dei contadini, scuole di cucina”.

E’ necessario però che il Governo si muova, e in fretta. Anche perché c’è una contraddizione da sanare, una contraddizione dalla quale dipende il destino dell’ambiente, di milioni di persone e, già che ci siamo, anche del bilancio dello Stato. “Le nostre (degli Usa, ndr) politiche alimentari  e agricole spremono sempre di più dalla terra, dalle persone, dagli animali e dall’acqua. Tuttavia, non prendiamo ancora parte al bilancio dei costi completi. La truffa sta nel fatto che noi da una parte paghiamo per una grande produzione alimentare che genera sprechi, e dall’altra paghiamo per gestire malattie croniche. Dobbiamo ripensare a come valutiamo cibo, salute e comunità”.

Un esempio? Gli Stati Uniti producono carne e cereali in quantità immense, ma poi ne sprecano addirittura il 40% una volta che arrivano a tavola.