I gusti sono gusti, recita un famoso proverbio. Questo modo di concepire uno dei cinque sensi è però piuttosto semplicistico. A dimostrarlo ancora di più è un esperimento ormai passato alla storia, quello che ebbe come protagonista una lattina di Coca Cola e una lattina di Pepsi. Un esperimento in grado di dimostrare, una volta per tutte, la capacità che la comunicazione ha di influire sul funzionamento del cervello stesso. Un esperimento che ha spianato alla scienza del neuromarketing, che appunto studia il rapporto tra comunicazione, tecniche di marketing e neurologia.

L’esperimento è consistito nel far assaggiare a un campione di 77 persone, molto variegate dal punto di vista del sesso e dell’età, una lattina di Coca Cola e una di Pepsi, ma in condizioni particolari. Per un primo gruppo, l’assaggio era preceduto da una precisa indicazione su quale lattina contenesse Coca Cola e quale contenesse Pepsi. Al secondo gruppo, invece, “l’identità” della bevanda era tenuta nascosta.

Il risultato ha lasciato gli scienziati a bocca aperta: il primo gruppo aveva dichiarato di aver apprezzato di più la Coca Cola; il secondo gruppo aveva dichiarato di aver preferito la Pepsi. Il significato di ciò è chiaro: a incidere sulle preferenze – addirittura di gusto – non sono le qualità organolettiche ma il brand.

Il risultato più sorprendente però è che la sola consapevolezza di bere una Coca Cola riusciva ad attivare alcune zone del cervello. Per la precisione, corteccia frontale e ippocampo. Si è quindi scoperto che proprio queste zone sono deputate al richiamo dei concetti simbolici e culturali, come per esempio quelli legati ai brand.

L’efficacia del neuromarketing, e in special modo del marketing che coinvolge il brand, ha basi tutt’altro che deboli. Non tecniche nebulose o convinzioni pseudo-psicologiche, ma addirittura la biologia. Non stupisce, in questa prospettiva, il successo della Coca Cola, che può essere definito un esempio perfetto di “love mark”.

Il lavoro prodotto in termini simbolici da Coca Cola in questi anni è immenso. Il percorso che ha portato una bevanda zuccherata a diventare forse il più potente brand al mondo è stato lungo ma saggio. Soprattutto in tempi recenti, non si è basato solo sugli spot intesi in senso classico, ma sullo storytelling. Il metodo delle “storie” è efficace perché coinvolge il pubblico. In qualche modo lo rende partecipe del messaggio, perché il contenuto delle storie “narrate” dalla Coca Cola tutto sommato le abbiamo vissuti un po’ tutti.

Sono concetti vecchi e reinterpretati in maniera geniale. Anche perché già nel XVIII secolo Benjamin Franklin, che con la pubblicità c’entrava poco, dichiarava: “Se mi dici una cosa, la dimenticherò. Se me la mostri, potrei ricordarmela. Se mi coinvolgi, la capirò”.