Giovanna Cosenza insegna Filosofia e Teoria dei Linguaggi all’Università di Bologna. E’ una docente apprezzata a livello nazionale, una voce autorevole nel complesso panorama della comunicazione in Italia. Viene spesso ospitata in televisione, dove cerca di fare luce su alcuni aspetti della politica e della società. Il suo blog, comunque, rimane il pulpito da lei preferito, luogo nel quale espone le sue riflessioni, che molte volte assumono tratti dirompenti. Di recente, per esempio, ha parlato “male” dello storytelling. Non ha criticato questo importante strumento nel suo complesso, ma nella versione degenerata praticata in Italia. Il suo ragionamento ruota attorno a due espressioni significative.

Lo storytelling si è svuotato. Raccontare storie per raggiungere determinati obiettivi di comunicazione e di marketing è diventato ormai una moda. Dietro non c’è una solida strategia, all’interno della quale lo storytelling ricopre un ruolo preciso. Semplicemente, la narrazione diventa uno strumento fine a se stesso, che viene utilizzato solo perché “tutti fanno così”. E’ un modo sbagliato di intendere il racconto, che nella migliore delle ipotesi non porta da nessuna parte.

Lo storytelling è stato deprezzato. Peggio ancora, lo storytelling è stato reinterpretato come uno strumento manipolatorio, che viene chiamato in causa quando c’è qualcosa da nascondere sotto il tappeto. Anziché raccontare i fatti si narrano delle storie, in modo da offrire una versione poco sincera della realtà. Non a caso è lo strumento preferito dai politici. Gli esempi abbondano, e alcuni dei questi suggeriscono una presenza eccessiva di “fumo”, in luogo di un “arrosto” scadente.

Cosa propone Giovanna Cosenza per rimettere lo storytelling su un binario serio?

Partire dalla realtà. Lo storytelling si posiziona agli antipodi rispetto alla menzogna. Non è uno strumento di manipolazione, tutt’altro. E’ bene quindi partire da un fatto, da un vissuto reale e rielaborare nella forma, non nel contenuto. Solo in questo modo lo storytelling, a prescindere dall’oggetto trattato, è in grado di conquistare il pubblico e di consentire il raggiungimento degli obiettivi.

Puntare sul significato. Se si parte dai contenuti, allora i maggior margini di manovra riguarda l’assegnazione del significato. Ecco qual è il compito dello storytelling: prendere una storia, renderla attraente e conferire una morale. D’altronde si tratta di un processo cognitivo che coinvolge tutti gli essere umani. Si tende infatti a ripensare al proprio vissuto dando un significato, creando collegamenti logici tra gli eventi, come se si stesse creando una sceneggiatura.

Rinunciare se è necessario. Infine, è bene abdicare se, molto banalmente, non si ha nulla da raccontare. Non è obbligatorio fare storytelling. Soprattutto, non è un abito adatto a tutti e a tutte le stagioni.