Fare marketing attraverso la redazione e la gestione dei contenuti su internet è una pratica ormai largamente diffusa, e – se fatta bene – anche molto redditizia. Raggiunge il target offrendo qualcosa di attrattivo, comunica senza invadere, promuove tra le righe (senza considerare l’utente un mero consumatore). C’è però un ostacolo molto arduo da superare, e che spesso scoraggia chi si approccia alla gestione dei contenuti: Google Search. Raggiungere le prime posizioni è veramente difficile. Servono pazienza, abilità, risorse. Il problema principale è che internet è ormai saturo, o per lo meno appare come tale. Esiste però un modo per aggirare questo ostacolo. Il segreto è utilizzare gli “spazi vuoti” di Google.

Cosa sono gli spazi vuoti? Possono essere definiti come quelle tematiche che Google non è riuscito ancora a esprimere, ma che invece incontrano il favore o calamitano l’interesse degli utenti. E’ possibile che a tutt’oggi, a sedici anni dall’apertura di Big G, non tutti gli argomenti siano stati sviscerati. Chi è in grado di trovarli, vista l’assenza di concorrenza, rischia di essere catapultato nelle prime posizioni. Trovare gli spazi vuoti, e infilarsi di prepotenza, non è semplice. Un modo per farlo è rappresentato da una analisi particolare, incrociata.

Ad essere sovrapposti, Google e Facebook (e gli alti social media). In breve, gli utenti esprimono sui social network le loro preferenze. Se il marketer nota che questi sono poco presenti nei risultati di ricerca di Big G, allora può basare la sua content strategy su di essi. Sulla carta non è difficile, ma questa tattica impone un certosino e impegnativo lavoro di analisi.

C’è poi un consiglio che dovrebbe rappresentare la stella polare di qualsiasi content strategy: utilizzare le metriche. La risposta dei pubblici è misurabile oggi come mai nella storia, dunque è bene sfruttare questa possibilità per aggiustare il tiro, anche con la campagna in corso (pur nel rispetto generale della visione d’insieme).

Infine, non va dimenticata la verità esposta mezzo secolo fa da uno dei più grandi esperti di comunicazione della storia, Marshall McLuhan. Il mezzo è il messaggio: ciò vale ancora oggi. Tradotto nella pratica, è necessario assecondare i gusti del pubblico in fatto di media, e modificare quanto basta il messaggio affinché risulti coerente con il medium stesso. Se il nostro target predilige Twitter, allora dobbiamo redigere contenuti su Twitter, rispettando le specificità del mezzo (che è, per esempio, assai diverso da Facebook).