Il turismo italiano deve essere più sostenibile. E, in tal proposito, l’Italia non potrà che farsi trovare pronta alle sfide che il turismo internazionale sembra porre alle destinazioni più appetibili, nella consapevolezza che gli spostamenti globali continueranno a crescere in modo sensibile. Quale, dunque, la soluzione?

La ricetta la offre il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, secondo cui l’Italia deve farsi trovare pronta “a governare il fenomeno”, se non vuole correre il rischio di trovarsi “con pullman di visitatori che vogliono solo andare negli ipermercati o visitare i centri storici di Venezia, Firenze e Roma, con il paradosso che alcune città d’arte esploderanno e nei luoghi del Mezzogiorno altrettanto belli andranno in pochi”.

Non solo. Sempre secondo l’inquilino del ministero dei beni culturali, l’Italia dovrà essere in grado di moltiplicare e di diversificare l’offerta, avendo come obiettivo quello di proporre un turismo di qualità che possa “mescolare le eccellenze artistiche con quelle del paesaggio, enogastronomiche, della moda. Punto a un target alto, che non significa di nicchia. Per questo bisogna valorizzare i borghi abbandonati, le ferrovie storiche, ripristinare i cammini come la via Appia, creare percorsi ciclabili e motoristici”.

L’obiettivo, per quanto genericamente arduo, non è certo impossibile. Sia di conforto ricordare come l’Italia può vantare 4.500 luoghi d’arte pubblici e privati, con una concentrazione per un quarto nelle regioni del Mezzogiorno, e per tre quarti nel resto della Penisola. I flussi di visitatori continuano tuttavia a concentrarsi in maniera preponderante al Centro – Nord (macro area che assorbe oltre l’80% dei flussi turistici).

Per poter invertire tale tendenza, l’Art bonus ha disposto alcune iniziative per lo stimolo del turismo sostenibile in qualsiasi parte d’Italia, ivi compreso un piano straordinario della mobilità che includa un nuovo collegamento con l’alta velocità e con le strutture portuali, e la creazione di percorsi pedonali, ciclabili, equestri, mototuristici, fluviali e ferroviari, utilizzando inoltre immobili pubblici abbandonati da convertire in ostelli, officine, punti di accoglienza, ristoranti.

Il tutto, a partire dei tanto sottovalutati caselli, stazioni ferroviarie, fortificazioni, fari, casi cantoniere. Un sotto-mercato per cui gli operatori sembrano mostrare un notevole interesse: “Un mese fa abbiamo ricevuto una lettera da dieci tra i più grandi tour operator europei, disponibili a prendere il considerazione il progetto delle ferrovie storiche” – ricorda in tal proposito Franceschini. Confermando che, in fondo, il turismo italiano è un mondo molto più vasto e profondo di quanto si possa immaginare…