Un’intervista rilasciata a Forbes da John Mueller, analista webmaster trend di Google Svizzera, rischia di gettare i SEO specialist nel panico. In poche parole ha frantumato uno dei pilastri dell’ottimizzazione: la link building.

Cos’ha detto di tanto scioccante? Semplicemente, ha negato che faccia bene. Anzi, ha proprio detto che può essere dannosa.

In generale, si dovrebbe provare a evitare la link building. In tal modo si sarebbe veramente sicuri che il tipo di contenuti è a sé stante. Ciò non toglie che questi possano essere messi a disposizione dei collegamenti altrui. Sarebbe reso il tutto più facile, forse, mettendo un piccolo widget nella pagina, se vi piace e assicurarsi che gli URL del vostro sito web siano facili da copiare e incollare. Tutte queste cose rendono il tutto un po’ più facile. Rendiamo fruibili i collegamenti, come parte della nostra strategia, ma utilizziamo anche innumerevoli altri fattori, perché, concentrandoci solo sulla costruzione dei collegamenti non faremmo altro che male al nostro sito web “.

Queste frasi appaiono comunque sibilline, ma dopo l’iniziale smarrimento per la distruzione di un totem gli indizi per capire il “Google-pensiero” appaiono lampanti.

Dunque, perché la link building è (o può essere) dannosa?

Mueller ha posto l’attenzione sul widget che renderebbe il copincolla dei link più facile e spontaneo. Ecco, il segreto è proprio questo: la spontaneità.

Quando la link building è artificiosa, e i contenuti appaiono slegati tra di loro, si arreca un danno al sito. Il problema però è che la link building è artificiosa per definizione. A dimostrarlo è il termine stesso di “costruzione”, che con il concetto di naturalezza ha poco a che fare.

L’unica link building veramente efficace sarebbe quella nata spontaneamente, dunque non costruita. Un obiettivo, questo, difficilmente raggiungibile da qualsiasi SEO.

Eppure è in questa direzione che sta andando Google. C’era da aspettarselo. Il percorso di cambiamento che Big G ha intrapreso ormai qualche anno fa (almeno dalla nascita di Penguin) è tutto teso a rendere il web un ambiente più spontaneo e naturale. Il ché, parlando di search, si traduce in un miglior rank per quei siti che puntano sul contenuto; che vengono visitati non perché nei primi risultati di ricerca (o almeno non solo per quello) ma soprattutto perché sono interessanti.

In questa prospettiva, non c’è spazio per quello che – ora sì – assomiglia a un trucco. Costruire un sistema di link vuol dire forzare i collegamenti, deciderli a tavolino.

Se Mueller ha rivelato il segreto della link building, vuol dire che questo nuovo approccio è già stato messo in campo e ha già fatto le sue vittime. Come al solito, ai SEO non rimarrà che adeguarsi, ma è proprio questo il bello del mestiere: la necessità, e insieme l’adrenalina, di saltare su un treno in corsa.

E’ accaduto nel 2012 quando buona parte delle regole sulle keyword si sono trasformate in carta straccia da un giorno all’altro. Forse, sta per accadere di nuovo.