Lezioni di giornalismo da parte di Papa Francesco. Eppure il pontefice non ha mai parlato – sarebbe strano se fosse accaduto – della professione giornalistica, al massimo di informazione. Forse non ha nemmeno pronunciato la parola “giornalista” negli ultimi tempi. Eppure, secondo Francesco Peloso di Linkiesta qualche giorno fa Papa Francesco ci ha impartito una vera e propria lezione di giornalismo. Molto banalmente, ha parlato di un fenomeno e ha fatto ciò che gli operatori dell’informazioni dovrebbero fare ma spesso se ne dimenticano: raccontare le cause, andare in profondità.

Il fenomeno è quello della corruzione, e il discorso che ha funto da ispiratore per Francesco Peloso è stato pronunciato da Jorge Bergoglio nel corso dell’omelia per il corpus domini del 3 giugno. Il papa ha fatto quello che non hanno fatto i giornalisti, quello che dovrebbero fare e non fanno quasi mai: raccontare il fenomeno piuttosto che cavalcarlo. Il riferimento è all’approccio della stampa per gli scandali di Mafia Capitale e per quelli legati a vario titolo alla cattiva gestione della Cosa Pubblica. Un approccio che consiste nell’acquisire vantaggio da un passo falso di una parte politica nel tentativo di privilegiarne un’altra. E’ il vizio, diffuso ma soprattutto italiano, del giornalismo “parziale”, legato ora a questa ora a quella fazione.

Papa Francesco ha spiegato cos’è la corruzione. Dal punto di vista giornalistico, anche se non scriveva un articolo ma pronunciava un discorso, è stato ontologicamente impeccabile. Queste le parole di Francesco Peloso: “Papa Francesco ha impostato la questione in un modo che, per quanto semplice, mi sembra riporti un po’ di chiarezza: la corruzione è una forma di oppressione verso i deboli, i poveri, i disoccupati, gli anziani, le famiglie che non ce la fanno, gli immigrati. In tal modo è uscito da un moralismo un po’ asfittico e ha restituito al tema la sua valenza sociale, mi verrebbe da dire di classe”.

Il giornalismo italiano, invece, persevera nei suoi difetti. Questi vanno ben oltre la semplice parzialità e sconfinano anche nell’autoreferenzialità, nel moralismo spiccio e ipocrita, e rappresentano una “degenerazione che è diventata abitudine, autoreferenzialità, gioco di potere. Ancora, direi, che il giornalismo in questo caso deve riscoprire la capacità di ‘studiare’ documenti, personaggi, vicende politiche e umane, dati statistici e sociali”.

Insomma, il giornalismo italiano non fa il suo dovere, Papa Francesco, forse inconsapevolmente, e sicuramente guidato dalla buona fede, ha fornito un esempio di come l’informazione dovrebbe comportarsi.