Il fenomeno dell’Infotainment non è nuovo. In Italia si è diffuso da almeno una ventina di anni, mentre nel mondo anglosassone (dov’è nato) esiste da almeno mezzo secolo. Per infotainment, per chi non lo sapesse, si intende quel modo di fare giornalismo – o quel modo di fare televisione – che coniuga le dinamiche dell’informazione alle dinamiche dello spettacolo. La notizia si traveste da show, e viceversa. Si informa divertendo. Si fa divertire informando. I media sono pieni di casi si infotainment. Possiamo citare, come estremi di uno spettro che va dal qualitativamente elevato al trash, Servizio Pubblico e Pomeriggio Cinque.

Sono tre i fattori che hanno determinati la nascita e la diffusione dell’Infotainment, in Italia come all’estero.

Avvento dei media di massa. Questi consentono di parlare a tutti, e quindi di allargare a dismisura il proprio target. Ne consegue la necessità di abbassare il livello di profondità dei contenuti, in modo da trovare un minimo comun denominatore che piaccia a tutti. E in genere questo minino comun denominatore è un elemento che riguarda lo spettacolo e il divertimento in generale.

Modello di business improntato alla pubblicità. E’ una questione essenzialmente politica: il legislatore ha allentato il suo intervento sull’economia. Tra gli effetti collaterali di questo nuovo corso (iniziato già a metà degli anni Settanta) spicca l’abbandono del finanziamento pubblico agli organi di informazione. Questi devono guadagnare con la pubblicità, dunque devono necessariamente aumentare i propri contatti (leggasi punto precedente).

Personalizzazione-spettacolarizzazione della vita pubblica. E’ un cambiamento sociale, o forse è solo il frutto della possibilità – conferita dai mass media – di piacere a tutti. Fatto sta che molti personaggi, siano essi politici, giornalisti, conduttori, tendono a spettacolarizzare la propria presenza, a farsi in qualche modo narrazione. La conseguenza è che, in tutti gli ambiti – giornalismo compreso – l’elemento spettacolo si è fatto più preponderante.

Questi fattori erano preponderanti nell’era dei mass media tradizionali. Oggi, nell’era di internet, lo sono ancora di più. I social network, infatti, sono i media di massa per eccellenza. Basti pensare che Facebook conta quasi un miliardo e mezzo di iscritti. Inoltre, il modello di business si fa sempre più pubblicitario: anzi, si sono aggiunte le dinamiche di advertising di Google che sono più “disumanizzanti” (perché automatiche) rispetto alla sponsorship tradizionale. Infine, proprio i social network consentono a tutti si spettacolarizzare e personalizzare la propria vita quotidiana – grazie all’effetto vetrina – radicando questi valori nelle nuove generazioni in modo ancora più profondo.