Giornalisticamente parlando, qualità e sostenibilità economica appaiono inconciliabili. E’ stato internet a sconvolgere tutto. Per carità, nel terreno ricco di opportunità dei contenuti web ha attecchito un solido modello di business, ma questo ha poco ha a che fare con la qualità, anzi sembra quasi che la scoraggi. E’ il modello che fa capo, in qualità di leva (o di ancora di salvezza, secondo alcuni), al click baiting.

Le concessionarie pagano i proprietari dei siti in base al traffico, ponendo a unità di misura il CPM (costo per mille impression, in genere da uno a quattro euro al net-net), e per fare traffico è necessario ricorrere al click baiting. Il fenomeno è conosciuto: si creano titoli sensazionalistici o scandalosi, in modo da attirare l’internauta e spingerlo a cliccare. Il problema è che a titolo di pessimo gusto segue spesso un contenuto di pessimo gusto, e quindi la qualità va a farsi benedire.

E’ chiaro che ciò pone serie riflessioni sulla direzione che il giornalismo sta prendendo. Perché, è innegabile, anche i giornali – anzi, soprattutto loro – sono costretti a sottostare alla legge del click baiting.

C’è chi sta cercando di reagire proponendo il vecchi modello di business, magari pontificando su quanti danni stia facendo questo modello di business. C’è chi si ferma a metà del guado, e muore ugualmente. Poi c’è chi viene a patti con il diavolo e cerca di fare il pane con la farina che ha, meglio che può. Una metafora, questa, che si addice al pensiero di Federico Ferrazza, vicedirettore di Wired, che ha prodotto una riflessione in grado di conciliare i due universi contrapposti del click baiting e della qualità giornalistica.

Federico Ferrazza parte da un presupposto. Il click baiting è necessario perché, a essere obbligatorio, è la produzione di molto traffico. D’altronde anche il Corriere della Sera produce i celebri “articoli sui gattini”. Ma non deve esserci niente di scandaloso o vergognoso in questo. Semplicemente, è un tipo di contenuti che impegnano poco la redazione e che rendono molto e che, soprattutto, contribuiscono in modo determinante alla sostenibilità economica della testata. Ma non c’è scritto da nessuna parte che debbano essere di infima qualità. Leggerezza non fa per forza rima con cattivo gusto.

Dal punto di vista pratico, cosa vuol dire? Semplicemente il titolo deve essere fatto stile click baiting ma il contenuto, seppur leggero, deve essere fatto bene, senza scadere nell’idiozia o nella falsità. Per conciliare i due mondi, è sufficiente evitare le bufale o la spazzatura. E’ facile, ma non sembra, e il motivo di ciò perché con il click baiting si è imposto un certo modo di fare le cose (appunto quello delle bufale) e quindi è diffusa la sensazione che non ci siano alternative.