La situazione del lavoro in Italia è pessima. E’ una verità ormai fatta propria dalla popolazione. Leggere certi numeri, però, fa ugualmente male. Soprattutto se riguardano i giovani, che appunto rappresentano una delle fasce più disagiate per il nostro paese. A certificarlo una volta di più è l’Ocse, con il Rapporto 2015 Occupazione e Giovani. Il dato più allarmante è il seguente: l’Italia, dopo la Grecia, è il paese – tra quelli industrializzati – in cui è più difficile per i giovani intraprendere (o mantenere) una carriera professionale. Insomma, il tasso di disoccupazione è estremamente alto, e il tasso di occupazione è molto basso (e in discesa).

L’Ocse ha rivelato che il tasso di occupazione dei giovani tra i 15 e i 29 anni in Italia è sceso di 12 punti percentuali in questi anni di crisi, portandosi dal 64% al 52%. E’ il risultato peggiore in Occidente dopo quello della Grecia, che fa segnare il 48%).

Il dato peggiore però non riguarda i disoccupati ma un’altra categoria di persone se possibile ancora più a rischio. Sono coloro che non hanno speranza di migliorare la propria situazione di occupazione perché semplicemente non ci sperano più, e non cercano più di farlo. Sono i famosi NEET, acronimo di Not (engaged) in Education Employment Training. Sono coloro che non studiano, non si formano e non lavorano.

Il numero di Neet in Italia è lievitato in modo preoccupante. Se nel 2008 rappresentavano il 19%, adesso rappresentano il 27%. Un aumento che sa, oltre che di mancanza di opportunità, anche di sfiducia.

Quello italiano sui Neet, è il quarto dato più alto tra i paesi Ocse

L’ente ha anche indagato i motivi che favoriscono la crescita dei Neet, o almeno alcuni elementi ricorrenti e quindi potenzialmente ricollegabili. E’ una questione di formazione. La metà dei Neet, infatti, non possiede un diploma di scuola superiore, mentre poco meno della metà ha solo quello. E’ anche una questione di competenze, che però – almeno in teoria – potrebbe benissimo essere risolta intraprendendo un nuovo percorso di formazione. Peccato che per molti riprendere a studiare dopo tanti anni di inattività sia difficile. E’ anche, ciò risulta evidente, una questione di costi.

Quindi quale potrebbe essere soluzione? Una è rappresentata dai corsi online, strumenti formativi – spesso molto più pratici dei percorsi tradizionali perché tenuti da professionisti e non da professori – che possono essere fruiti online, e quindi di gran lunga meno costosi di università, scuole etc. In Italia è un fenomeno che sta prendendo piede, ma nel mondo anglosassone è già una realtà da molto tempo.