Umberto Eco è uno dei luminari del nostro tempo. Secondo alcuni, anche di un tempo passato. Dunque, sarebbe poco in grado di comprendere i cambiamenti che stanno attraverso questa epoca. Almeno è questa la convinzione di chi ha reagito negativamente alle dichiarazioni del professore circa i social network e il web 2.0, rilasciate nel corso di un breve incontro con i giornalisti nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale a Torino, organizzato in occasione della consegna della laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media”.

Le parole di Umberto Eco non sono state dolci, anzi hanno disegnato un quadro fosco del mondo social. Toni forti, per un giudizio spiazzante – ma forse solo fino a un certo punto. In buona sostanza, la colpa di internet starebbe nell’eccessiva spinta democratica. Una spinta che innalza gli imbecilli al livello degli intelligenti, e li mette sullo stesso piano in quanto a credibilità. “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”.

Secondo Umberto Eco, i social media stanno “erogando” un servizio se possibile ancora più dannoso rispetto a quello della televisione. Il tubo catodico ha avuto la responsabilità di dare visibilità agli imbecilli, in modo che lo spettatore potesse sentirsi superiore e trarne fiducia in se stesso. I social media, invece, non solo danno visibilità all’imbecille, ma stanno dandogli importanza e credibilità. Una catastrofe, dal momento che il rischio è quello di perdere di vista cosa è verità e cosa è menzogna.

Umberto Eco però potrebbe aver ragione, anche perché è innegabile che il confine tra il vero e il falso sia labile su internet. Potrebbe aver ragione perché questa sua critica trova la sua ragion d’essere nella comparsa di una sfida inedita prima dell’avvento di internet. Una sfida che Eco individua con una certa lucidità. La sfida consiste nel riuscire a “copiare” con efficacia. E’ una questione di fonti. Va bene fare ricerche su internet, ma è difficile riuscire a comprendere la credibilità di una fonte. Lo è appunto a causa della struttura orizzontale di internet.

Il semiotico si lancia poi  in una previsione decisamente controcorrente e che riguarda la carta stampata. Secondo lui, sarebbe tutt’altro che morta: “C’è un ritorno al cartaceo. Aziende degli Usa che hanno vissuto e trionfato su internet hanno comprato giornali. Questo mi dice che c’è un avvenire, il giornale non scomparirà almeno per gli anni che mi è consentito di vivere. A maggior ragione nell’era di internet in cui imperversa la sindrome del complotto e proliferano bufale”.