La cifra del benessere di una popolazione non si riduce allo stato di salute ma coinvolge anche altri criteri. Analogamente, si misura anche e soprattutto nel grado di inclusione sociale di donne e bambini, che rappresentano le categorie più a rischio.

Sono questi i presupposti su cui si basa l’ultimo studio, realizzato a livello globale, di WeWorld, una associazione internazionale a cui partecipano i funzionari dei vari ministeri esteri. Ne è scaturito il WeWorld Index, una speciale classifica che organizza i paesi in base al benessere sociale di donne e bambini.

L’Italia ha ottenuto un risultato dopotutto buono, posizionando al 18esimo posto su 167. Secondo la ricerca il Bel Paese offre un “sufficiente grado di inclusione e benessere sociale”. Ma il diavolo si nasconde nei dettagli ed è proprio nei dettagli che l’Italia porge il fianco ad alcune derive intollerabili per un paese Ocse in pieno 2015.

Disaggregando il dato, si scopre che in riferimento ad alcuni criteri la posizione tricolore crolla vistosamente. Questi criteri corrispondono alla spesa per l’istruzione (mediamente bassa), alla corruzione (capace di ridurre drasticamente le opportunità di inclusione sociale), accesso a internet.

Ai primi posti, come da pronostico, i paesi del Nord Europa, tradizionalmente in grado di offrire un elevato standard di servizi. Un altro dato largamente previsto riguarda i paesi africani, quasi tutti sotto l’82esimo posto, che rappresenta uno spartiacque. Al di sotto, si trovano quei paesi che non riescono a offrire i servizi essenziali come l’accesso all’acqua potabile, ai generi di prima necessità, e il pronto soccorso medico.

Il WeWorld Index rappresenta una mosca bianca nel vasto panorama delle rilevazioni mondiali per almeno un motivo. I criteri scelti non riguardano solo il grado di ricchezza. Anzi, è un dato quasi secondario. Si legano, piuttosto, con elementi della vita quotidiana in grado di fare la differenza tra uno stato di benessere e uno stato di malessere. Su tutti, il tasso di criminalità e la percezione della legalità. Da questo punto di vista, una potenza come gli Stati Uniti arranca persino dietro l’Italia.

Marco Chiesara, presidente di WeWorld, ha illustrato così il metodo che ha caratterizzato la ricerca. “Abbiamo dato importanza ad aspetti che incidono profondamente sulle possibilità di vita di una persona: la sicurezza, il livello di inquinamento, l’alfabetizzazione degli adulti. Alcune di queste categorie – continua – agiscono in maniera diretta rispetto all’inclusione, altri hanno effetti più diretti di quanto possa sembrare a prima vista. Per questo crediamo che tutti questi valori, insieme, ci permettano di ottenere una misurazione puntuale dell’inclusione”.